Oltre un quarto dei genitori italiani ricorre più o meno di frequente allo schiaffo per punire i figli. Tuttavia, mentre tre mamme su quattro sanno perfettamente che alzare le mani non insegna proprio nulla ai bambini, per alcuni genitori il ceffone ha una vera e propria valenza educativa.

Lo rivela una ricerca di “Save the children”: anche se non ne vanno affatto fieri, padri e madri italiani ammettono di perdere le staffe con i figli, specialmente quando non riescono ad imporsi con altri mezzi. Ma , se in un momento di rabbia, una sberla o una sculacciata può scappare, la violenza non può essere considerata un metodo educativo. Oltre ad essere inefficace, infatti, comporta una serie di conseguenze, che vanno ben oltre il rossore della guancia.

Lo schiaffo serve più al genitore che al figlio: lo aiuta a scaricare la rabbia del momento e a ricordare al bambino, nel modo più diretto e immediato possibile, chi comanda. Per un sondaggio su mille genitori, la metà di chi confessa di ricorrere alle mani lo fa di tanto in tanto, come misura estrema di fronte a un capriccio o una grave disobbedienza. Tra le principali motivazioni, ci sono sentimenti come esasperazione e spavento, seguiti dalla volontà di segnalare in modo inequivocabile che si è superato il limite di sopportazione.

Il problema di fondo è l’incapacità di autocontrollo degli adulti. Dare uno schiaffo è un gesto d’impulso, mosso da nervosismo, frustrazione per non essere ascoltato, paura di non essere credibile nel ruolo genitoriale. Ciò non ha nulla a che vedere con la volontà di educare. L’educazione è un progetto, fatto di azioni programmate e pensate, non di reazioni istintive dettate da sensazioni negative. In quel momento, i grandi non pensano al bene dei proprio piccoli: hanno solo bisogno di sfogarsi.

Lo schiaffo è solo punitivo, mai educativo. Nell’immediato, blocca l’azione del bambino e dà più incisività a un rimprovero, dando all’adulto la sensazione di aver raggiunto il suo scopo. Ma non trasmette nessun messaggio positivo e non serve a comunicare con il piccolo, che capisce di aver sbagliato m non il perchè, e probabilmente ripeterà lo stesso errore in futuro. Il piccolo infatti ricorderà solo la conseguenza finale del suo comportamento e non cosa l’ha scatenato.

I bambini imparano a gestire lo stress da mamma e papà: se questi urlano, picchiano e insultano, loro impareranno a tenere lo stesso comportamento in situazioni simili. Alzando le mani, li si autorizza implicitamente a utilizzare gli stessi mezzi per affermarsi e farsi valersi con gli altri. Invece bisogna insegnare che ogni gesto deve essere pensato, prima di essere metto in atto. Inoltre picchiare è una mancanza di rispetto: come si può insegnare ai bambini l’importanza di questo valore se i genitori sono i primi a violarlo?

Anche le parole possono trasformarsi in armi di violenza, se usate male. Gli insulti, le minacce, gli appellativi umilianti e le anticipazioni verbali come “A casa facciamo i conti”, sono da bandire.

I quattro principi della sana genitorialità sono i pilastri di un progetto educativo basato sul buon esempio e la condivisione di comportamenti corretti tra grandi e piccini. Mettendoli in pratica, si insegna ai figli a gestire i conflitti, le situazioni difficili della vita e i sentimenti negativi senza violenza.

1. Concentrarsi su obiettivi importanti: ogni giorno si pretendono dai figli tante obbedienze immediate. Ogni volta che il figlio non obbedisce partono le mani. Così si sprecano energie e si indebolisce il rapporto con il bambino: è meglio riservare le attenzione agli obiettivi educativi, come accettare i no.

2. Fargli sentire il proprio affetto: i bambini imparano meglio quando si sentono rispettati, compresi e protetti. Se sanno di poter contare sulla comprensione di mamma e papà saranno motivati a migliorarsi.

3. Dare chiari punti di riferimento: educare non significa imporre regole dall’alto, ma dare ai bambini gli strumenti necessari per raggiungere i loro obietti.

4. Vedere le cose dal suo punto di vista: se il genitore prova a guardare il mondo con gli occhi di un bambino può capire meglio il suo comportamento.

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