Per empatia si intende la capacità di mettersi nei panni dell’altro, una qualità che viene considerata un elemento essenziale per avere delle relazioni affettivamente soddisfacenti. Da tempo gli scienziati si chiedevano se esistesse un meccanismo nella mente umana che determinasse la capacità di identificarsi nell’altro. La scoperta dei neuroni specchio ha gettato una luce nuova e del tutto inattesa su questa domanda.

I neuroni specchio sono cellule del nostro cervello che attivano, sia quando compiamo un’azione sia quando la osserviamo mentre è compiuta da altri. I neuroni dell’osservatore rispecchiano ciò che avviene nella mente dell’individuo osservato, come se a compiere l’azione fosse l’osservatore stesso.

Il sistema-specchio sembra essere alla base dei meccanismi di socializzazione. Senza questa capacità, probabilmente non esisterebbe la società, ma solo individui isolati, di pessimo carattere e in continua guerra fra loro.

Se l’empatia è legata ai neuroni specchio, si potrebbe pensare che più neuroni specchio abbiamo nel nostro cervello, più siamo empatici e che, quindi, se non riusciamo ad esserlo la colpa non è nostra. Non è così: il pensiero empatico è un’abilità che può essere allenata. La nostra volontà ha questo potere.

Forse il valore sistema-specchio è ancora più grande: potrebbe trattarsi di un sistema di apprendimento globale. E’ facile intuire che i neuroni specchio, riconoscendo i gesti altrui come propri, consentano l’apprendimento per imitazione. Ma potrebbero essere anche alla base della conoscenza di sè. Infatti, l’uomo non è in grado, da solo, di costruirsi un’immagine del proprio io: noi ci vediamo e ci riconosciamo attraverso l’immagine di noi che gli altri ci rinviano.

Se un uomo vivesse tutta la sa esistenza in un’isola deserta, avrebbe problemi di identità. Insomma, gli altri sono il nostro specchio. Apprendendo dagli altri, impariamo anche a conoscere noi stessi.

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